LUOGHI COMUNI - 1^ parte
LUOGHI COMUNI
1^ parte
Indicano argomentazioni riguardanti uno specifico tema, che vengono accettate pressochè da tutti (una sorta di verità ormai ovvia e assodata a livello sociale) e che per questo entrano sia nel modo di ragionare che nel linguaggio corrente. Tuttavia è proprio l’evidenza smaccata del pensiero o dell’opinione, associata all’abuso che se ne fa in un discorso, a renderla banale e fastidiosa per molti interlocutori.
Le parole dei luoghi comuni
“ Non vorrei dire una banalità, però…”, “Quello parla solo per luoghi comuni”, “Non esistono più le mezze stagioni”, “Quando una donna fa così vuole sempre dire che…”, “Mi sembra di dire cose scontate”, “Non tutti i mali vengono per nuocere”.
L’aggettivo “comune” dunque non significa soltanto che tale verità appartiene alla massa, ma anche che è ovvia, scontata e che, in teoria, non ha più pregnanza di senso nè forza comunicativa. È pertanto un dato acquisito, a prescindere dal fatto che corrisponda o meno a una realtà oggettiva. Eppure, il luogo comune non è qualcosa di neutro. Anzi, forse proprio in virtù delle sua ovvietà, riesce a insinuarsi sia nel modo di ragionare sia nel modo di argomentare di molte persone, alterando e spesso addirittura guidando il filo di un discorso, fino a influenzarne l’esito e le conclusioni.
Tre modi di viverli
“Intorno al luogo comune si creano tre atteggiamenti diversi: chi lo usa senza accorgersene, chi lo guarda con sospetto e chi lo sfrutta al meglio…”
- C’è chi utilizza il luogo comune nelle conversazioni senza accorgersene e senza più metterne in dubbio la validità. I ragionamenti di questo soggetto, almeno in parte, si fondano sul luogo comune e ciò gli impedisce in molti casi di comprendere la realtà in modo obiettivo, obbligandolo a una logica limitata e a conclusioni non adeguate alla situazione. Ciò può influenzare un interlocutore che sia insicuro, oppure sia vittima della stessa mentalità, mentre può suscitare lo sguardo ironico – e talora snobistico – di chi coglie tale ingenuità. Va detto peraltro che, con il crescere della coscienza collettiva e del livello culturale, la capacità di cogliere i luoghi comuni aumenta, dunque diventa più facile cadere nel ridicolo quando li si utilizza.
- C’è poi chi li guarda con disprezzo, identificando in tali espressioni un puro segno di ignoranza e scarsa originalità. Si tratta di persone schiave di modelli mentali “alternativi”, che fanno di tutto per non cadere nel banale, perchè convinte che ciò sia sempre un “di meno”, oppure che non possa contenere una verità. Al punto che a volte si obbligano a pensare e scegliere cose diverse da quelle che intimamente desiderano, proprio perchè “troppo comuni”.
- Infine, c’è chi riesce a vivere le “verità ovvie” con serenità, sfruttandone il contenuto quando serve e cogliendone l’aspetto ridicolo quando è evidente l’abuso che se ne fa. Un segno di libertà di pensiero e di autoironia.
20/07/2016
|