L’ULIVO E L’OLIO
L’ULIVO E L’OLIO
La coltivazione dell’ulivo, diffusa nel Mediterraneo dai paesi del Medio Oriente, ha avuto grande sviluppo grazie ai Greci, ma sono stati i Romani a diffonderla in tutti i territori conquistati, imponendo spesso ai popoli sottomessi il pagamento dei tributi sotto forma di olio d’olivo. Furono sempre i Romani ad approfondire le tecniche di coltivazione dell’olio, considerato prezioso prodotto cosmetico oltre che medicinale.
La coltivazione dell’ulivo nella nostra terra rappresenta uno tra i capitoli più importanti dell’economia e della cultura agraria, fatta di tecniche sapienti, antichissime eppur moderne. Un ulivo per fruttificare bene ha bisogno innanzitutto di corrette potature. Queste si effettuano già sulle giovani piante, al fine di evitare forme contorte che sarebbero difficili da correggere sulla pianta adulta. Si effettuano dunque le potature di formazione, che porteranno le piante ad una forma ottimale, mantenuta e sviluppata con le potature di produzione.
La pratica della potatura è differente da zona a zona, dovendo rispondere alle diverse esigenze di raccolta, a quelle varietali e pedoclimatiche, oltre a dover assicurare una buona illuminazione e aerazione della chioma. In genere si tratta di forme di potatura, derivanti dalle più classiche “vaso barese”, “vaso massafrese”, “vaso sanseverese”, a “siepone” o a “monocono”. Il termine “vaso” indica che da una certa altezza, definita per ogni tipologia di pianta, dalla testa del fusto partono due o quattro branche principali, cioè grossi rami, che ramificando si dispongono a corona intorno all’asse del tronco. Ciò che accomuna tutte le differenti modalità di potatura, è la regola per cui la chioma deve essere leggera, che tutte le parti della piante siano esposte al sole e che ci sia una buona circolazione di aria all’interno. Un vecchio detto contadino afferma che “la chioma degli olivi deve essere potata in modo tale che attraverso i rami sia possibile scorgere un tordo in volo”.
Una buona areazione e illuminazione sono assicurate anche dalla distanza tra le piante. Questo parametro è in funzione della fertilità del suolo e della disponibilità idrica. Operazioni culturali accessorie alla coltivazione dell’oliveto sono sicuramente le arature che permettono di eliminare la vegetazione infestante che si sviluppa sotto le chiome degli alberi. Le lavorazioni del terreno sono effettuate a profondità differenti e in un numero di almeno quattro all’anno, più profonde e atte a consentire l’immagazzinamento di acqua piovana nel periodo autunnale. Un proverbio dice che “l’acqua si attinge non dalle fonti ma dalla punta della vanga”. Infatti oltre a permettere una maggiore riserva di acqua piovana, le lavorazioni del terreno, soprattutto quelle superficiali come le sarchiature, impediscono che l’acqua evapori risalendo capillarmente dal suolo.
11/05/2017
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