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3° appuntamento con la rubrica curata dall'ASM Molfetta

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Formuliamo anche un’altra domanda: una maggiore efficienza del “modello di gestione” dei rifiuti, passa solo per forme di carattere imprenditoriale, o possono essere utili anche altre iniziative?

Un ultimo passaggio “di inquadramento” prima di rispondere (e di tirar fuori le preannunciate “idee per il futuro). Leggiamo insieme un grafico, datato 1977 ma che – a sommesso avviso di chi scrive – resta di grande utilità.
Tracciamo due assi ortogonali: con quello orizzontale indichiamo i consumi energetici (nel seguito: CE), con quello verticale il PIL. A ben vedere ciascuno dei quattro quadranti individuati individua un “modello di sviluppo”:
- quello con PIL e CE entrambi positivi è la società “modello occidentale”, capitalistica e consumistica, con elevati dispendi di energia e (se tutto va bene) elevata crescita economica;
- quello sottostante, con CE elevati e PIL negativi, è il quadrante peggiore: alti consumi energetici producono risultati economici negativi. È la società (“smascherata” dalle crisi che serpeggiano nel modo occidentale) priva di capacità direzionali, organizzative e di programmazione;
- a fianco troviamo un quadrante il cui il PIL è ancora una volta negativo, ma (per fortuna) lo sono anche i consumi energetici. È rappresentativo di una società “contemplativa”, disinteressata allo sviluppo economico, ma che (almeno) non spreca risorse;
- l’ultimo quadrante, attenzione, è individuato da bassi consumi energetici a fronte dei quali si ottengono PIL elevati. È una condizione, evidentemente favorevole, possibile solo in presenza di elevate tecnologie: solo nuove e più evolute soluzioni tecnico – scientifiche consentono di coniugare rispetto dell’ambiente e sviluppo economico (inteso come profitto d’impresa ed occupazione).

A questo punto abbiamo tutti gli “strumenti” per esprimere – comprendere – valutare le “idee per il prossimo futuro” promesse fin dall’inizio. Le abbiamo divise in due gruppi:

A) Idee applicabili alle “attività di servizio”.
Attenzione: siamo nell’ambito delle attività a “bassa tecnologia”, per cui non ci attendiamo di poter ottenere sviluppo economico e profitto d’impresa. Si tratta di attività al limite del volontariato, in grado di generare, nel migliore dei casi, uno sviluppo marginale dell’occupazione. Si tratta, però, di attività che incidono sul “grosso” dei costi relativi alla gestione dei rifiuti, e potrebbero produrre risparmi tutt’altro che trascurabili.
A1) Allungare la vita dei beni: realizzare un sito nel quale ricevere beni (mobili, elettrodomestici e simili), destinati allo smaltimento, che potrebbero, invece essere riparati per poi tornare ad essere utilizzati, mediante vendite promozionali oppure anche a scopi benefici. L’attività di riparazione potrebbe essere svolta con l’ausilio di artigiani ormai in pensione, che “insegnino il mestiere” a giovani che “non trovano di meglio” o che intendono svolgere l’attività nell’ambito di un volontariato.
A2) Affiancare al “compostaggio domestico” quello “di quartiere”: spesso gli utenti che dispongono di un giardino vengono dotati, a richiesta, di una “compostiera”, nella quale “trasformare” i propri scarti alimentari. Perchè non pensare a delle “compostiere di quartiere”, collocate in una porzione delimitata di un giardino pubblico, alla quale hanno accesso gli utenti che, magari sotto la guida di un anziano (possibilmente un ex giardiniere o un ex agricoltore), compostino gli scarti alimentari di un intero condominio o di una serie di palazzine.
A3) Migliorare la raccolta “secco/umido”: la raccolta dei rifiuti urbani indifferenziati costa tanto perchè avviene tutti i giorni. Deve avvenire tutti i giorni perchè, tra i rifiuti indifferenziati, c’è la frazione organica, che in breve tempo genera cattivi odori. Se si giungesse ad una separazione ottimale della frazione organica (che magari potrebbe prendere la strada del compostaggio di quartiere), quella secca potrebbe essere raccolta anche con frequenze più diradate (ad esempio due volte alla settimana) con un drastico abbattimento dei costi. Si tratta di un obiettivo legato alla “consapevolezza” degli utenti. Chi scrive è convinto che un paio di operatori (molto qualificati) che si dedicassero a tempo pieno all’educazione di una cittadinanza (con tutti gli strumenti possibili: contatti diretti, dialogo per via telematica, organizzazione di campagne informative ed eventi, ecc.) potrebbero ottenere grandi risultati (ottenendo economie dei costi di gestione ben più elevate dei costi sostenuti per l’attività di “informazione permanente”).
Risultati attesi:
o Diretti: riduzione delle quantità di rifiuti in ingresso al “sistema” di raccolta / trasporto / smaltimento; economie dei costi di gestione dei rifiuti;
o Indiretti: miglioramento delle “relazioni sociali”, evoluzione dell’approccio “culturale” alle problematiche relative ai rifiuti ed alle risorse del pianeta, miglioramento del “senso civico”, con una riduzione di quella terribile “emorragia” di risorse che oggi vengono “assorbite” dall’attività di pulizia delle strade. Mi piace immaginare, infatti, che cittadini che si impegnano a compostare direttamente i propri scarti alimentari nel giardinetto di quartiere, pongano la massima attenzione nell’evitare di imbrattare le strade della propria città (e di tutte le altre).

B) Idee applicabili alle attività “impiantistiche”.
Attenzione: siamo nell’ambito di attività che possono (anzi: devono) essere ad “alta tecnologia”, per cui è non solo lecito, ma doveroso attendersi un vero e proprio sviluppo economico, con profitto d’impresa e creazione di occupazione non marginale. Si tratta, ricordiamolo, di attività che incidono su una quota “minoritaria” dei costi relativi alla gestione dei rifiuti. Occorre onestamente dire, però, che si tratta di una quota che, per effetto di sempre più gravosi adempimenti dettati a tutela dell’ambiente tende ad aumentare rapidamente. L’avvio di attività in tale campo, perciò, non è suscettibile di portare riduzioni di costo a breve termine, mentre è idoneo a contrastare efficacemente l’aumento dei costi in futuro.
B1) Micro digestori anaerobici con impianto di compostaggio annesso o “centralizzato”.
Il “digestore anaerobico” è un impianto nato per trattare le eccedenze agricole, ottenendo energia (in particolare produzione di metano, che viene utilizzato in normali motori endotermici) ed un fango che, dopo maturazione, è classificabile come “compost”. L’evoluzione tecnologica ha reso disponibili reattori anaerobici in grado di funzionare, con risultati economicamente validi, anche trattando portate di rifiuti molto basse: 10, 8, ed anche 6 t/g. Pensate che una città di 30.000 abitanti produce circa 15 t/giorno di rifiuti organici: anche recuperandone solo il 50% si disporrebbe di materiale sufficiente a gestire “in loco” i propri rifiuti, con produzione di energia (rinnovabile), riduzione del trasporto a distanza di rifiuti e creazione di posti di lavoro (non assistiti).
B2) Rendere “filiera” le attività esistenti.
Le “piattaforme di selezione” che ricevono rifiuti provenienti dalle raccolte differenziate rendono disponibili materiali che possono essere avviati a recupero. Ad esempio: il legno “ripulito” a Molfetta viene ritirato da un’impresa di Bari, che lo tritura e lo destina all’industria del pannello o a recupero energetico. Occorre “generalizzare” questa impostazione, creando “filiere” in grado di utilizzare le altre materie disponibili oppure “attività” del tutto “mancanti” in questa porzione di territorio. Ad esempio:
o La plastica selezionata (disponibile presso le “piattaforme” esistenti) può essere avviata a macinazione, lavaggio, estrusione del granulo, stampaggio di manufatti;
o I pneumatici (provenienti da raccolte differenziate) possono essere avviati a triturazione, separazione delle componenti, recupero del polverino, stampaggio di manufatti.
Risultati attesi:
o Diretti: “introduzione” di tecnologie evolute nel “segmento” dello “smaltimento finale” / recupero; creazione di imprese competitive e di occupazione;
o Indiretti: riduzione degli impatti sull’ambiente, per minore circolazione di rifiuti; sviluppo di attività “indotte”.

Concludendo: abbiamo tirato fuori alcune idee, evidenziando che sono possibili attività molto diverse tra loro (bassa / alta tecnologia), con impostazioni molto diversificate (basso / alto investimento iniziale) e risultati del tutto dissimili (economie sugli attuali costi di gestione / profitto d’impresa e sviluppo dell’occupazione).

L’auspicio finale è che impariamo a seguire gli insegnamenti dei buoni maestri, come Mario Pavan e Laura Conti, i quali ci ricordano la limitatezza delle risorse naturali e ci ammoniscono a non sprecarle.

Silvio Binetti.


03/11/2012
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