Rubrica curata dal giudice Maralfa - 3^ puntata: l’incontro col generale Carlo Alberto Dalla Chiesa (11 luglio 1978)
A partire dall’anno 1975, mentre le brigate rosse continuavano a spargere terrore e lutti nel nostro Paese, anche le carceri erano entrate in crisi e parevano una gruviera: le evasioni di detenuti pericolosi erano molto frequenti ed avevano creato un clima di grande preoccupazione e di sfiducia negli operatori e nei cittadini.
Con l’omicidio di Aldo Moro, avvenuto il 9 maggio 1978, la tensione aveva raggiunto il massimo e sembrava che tutto crollasse intorno a noi, senza rimedio. Ma per fortuna di tanto in tanto qualche fiammella illuminava il buio, nel quale eravamo piombati. Una di queste fiammelle fu rappresentata dalla nomina del generale dei carabinieri, Carlo Alberto dalla Chiesa, a responsabile del sistema carcerario.
Dal momento della sua entrata nelle nuove funzioni, le evasioni dagli istituti di pena praticamente scomparvero e nell’intero settore cominciò a respirarsi un’aria diversa.
Dalla Chiesa piombava nelle carceri senza alcun preavviso, per rendersi conto delle situazioni particolari e dare le opportune e drastiche direttive per la tutela dell’ordine e della sicurezza. L’11 luglio 1978, verso mezzogiorno, piombò nel carcere di Trani, nel quale mi trovavo per interrogare alcuni arrestati. Saputo della mia presenza, mi fece chiamare e, dopo avermi chiarito che per lui non ero uno sconosciuto, mi trattenne a colloquio per una ventina di minuti, chiedendomi notizie riservate.
Al termine ebbe luogo tra noi questo breve dialogo.
Maralfa: “Generale, lei si sposta in continuazione, per raggiungere le varie carceri. Non ha timore di qualche soffiata sui suoi spostamenti e di qualche eventuale agguato?”.
Dalla Chiesa: “No, perchè dormo sempre in luoghi diversi ed il luogo, che devo raggiungere, lo decido un quarto d’ora prima di muovermi e lo indico ai miei uomini soltanto nel momento in cui sono a bordo dell’aereo o dell’elicottero oppure dell’automobile”.
Maralfa: “ Generale, lei praticamente ha messo chiavi molto robuste alle porte delle carceri italiane e la museruola a molti criminali. Non pensa alla concreta possibilità di gravi rappresaglie contro di lei?”
Dalla Chiesa: “ Ho avuto timore fino al momento in cui mia moglie è stata accanto a me. Poi lei è venuta a mancare anche per le preoccupazioni ed i continui stress che la mia pericolosa attività le procurava quotidianamente. I criminali mi hanno privato di quanto avevo di più caro, ora ho ben poco da perdere e posso fare quello che ritengo necessario, senza pensarci due volte”.
Dopo il descritto colloquio aumentò l’ammirazione, che già nutrivo per questo grande ufficiale, e continuai ad impegnarmi nel mio duro lavoro con un senso di maggiore soddisfazione.
Non fui contento, quando seppi che era stato nominato prefetto di Palermo, perchè intuivo con quale energia avrebbe dato battaglia ai mafiosi e quanto sarebbero aumentati i pericoli per la sua incolumità. Ed i miei timori trovarono, purtroppo, conferma la sera del 3 settembre del 1983, giorno in cui Dalla Chiesa venne assassinato a Palermo, mentre, lasciata la prefettura, procedeva in città a bordo della sua utilitaria assieme alla sua nuova compagna Emanuela Setti-Carraro, rimasta anch’ella vittima dell’agguato.
Quel giorno la Stato italiano perdette un vero baluardo contro il crimine ed anch’io, come molti, avvertii un senso di vuoto e di sfiducia, che mi pervase a lungo e si attenuò soltanto col trascorrere degli anni.
(CONTINUA NELLA PROSSIMA PUNTATA, GRAZIE DI AVERCI SEGUITO)
14/11/2012
|