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2° app. con la rubrica ''Nuove questioni meridionali'' a cura del prof. Beppe Manente
INVESTIRE SULL’EDUCAZIONE CIVILE NEL MEZZOGIORNO
La soluzione della Questione Meridionale è stata per anni un argomento centrale nel dibattito politico e culturale italiano, anche se spesso l’analisi dei problemi che affliggevano e affliggono il Sud e la loro individuazione è stata preminente sulla ricerca delle soluzioni concrete, e questo in un certo modo ha ritardato la soluzione del problema.
Certamente il tentativo di ovviare all’arretratezza del Meridione è stato impostato, come in parte è giusto che fosse, sull’analisi strutturale del territorio e sugli interventi economici da mettere in esecuzione, nella convinzione che i mali del Mezzogiorno fossero nella maggior parte derivanti da un sistema sociale incapace di progredire da solo e abbisognevole quindi di robusti aiuti economici per portarsi ad un livello di sviluppo accettabile per un territorio inserito in una moderna nazione industrializzata e collocata tra le più evolute del pianeta.
Da qui gli interventi, sulla scia delle tesi proposte soprattutto da Pasquale Saraceno, finalizzati a sostenere con imponenti iniezioni di danaro pubblico lo sviluppo economico, e soprattutto industriale, del Sud. Da qui l’istituzione e la programmazione finanziaria della Cassa del Mezzogiorno, operativa fino al 1984, dopo più di un trentennio di corposi investimenti .
Certo non è questa la sede in cui esaminare e giudicare la qualità delle iniziative messe in cantiere dalla Cassa e soprattutto la loro incidenza concreta sulla società meridionale. Basti dire che è ormai storicamente provato che esse hanno avuto pochissima efficacia sul contesto economico del Sud, anzi in un certo senso ne ha rallentato il decollo, favorendo gli interessi illeciti di approfittatori e lobbies politico-economiche e ritardando la formazione di una nuova classe imprenditoriale coraggiosa ed autonoma. Ciò non significa assolutamente che l’intervento dello Stato non fosse indispensabile per avviare una decisa svolta economica, anzi, al contrario, esso doveva essere più qualificato e realmente innovativo e soprattutto più attento ai controlli sulle spese sostenute, enormi ma spesso completamente prive di risultati tangibili.
Lo stesso discorso si può fare a riguardo al secondo massiccio intervento economico attuato per lo sviluppo del Sud: quello promosso dall’Unione Europea, basato sull’utilizzo dei fondi strutturali comunitari destinati alle zone sottosviluppate del continente. Un fiume di danaro arrivato da noi, che si è disperso in migliaia di rivoli, spesso capotici e pretestuosi, che hanno foraggiato furbastri e politicanti, che non hanno lasciato quasi nessun segno tangibile del loro uso sul territorio, con una ricaduta quasi nulla sul destino e sulla condizione delle popolazioni meridionali italiane.
A questo punto, guardando al futuro, diviene prioritario analizzare le cause del fallimento degli interventi economici straordinari varati a più riprese per il Mezzogiorno. Esse sono molte e complesse ma possiamo ragionevolmente ritenere che esista un filo rosso che le leghi: la maggior quantità dei fondi stanziati sono stati sprecati, quando addirittura non utilizzati, perchè preda di incompetenti o approfittatori senza scrupoli, che ne hanno fatto scempio sulla pelle del popolo meridionale.
E’ evidente, quindi, che qualsiasi investimento economico è destinato a vanificarsi, se non accompagnato, o addirittura preceduto, da un adeguato investimento in educazione civile.
E’ prioritario al Sud migliorare il senso civico dei cittadini tutti, oggi ancora negativamente condizionato dalla cultura dell’illegalità, della prevaricazione, della furbizia, diffusa in tutti gli strati sociali.
Investendo su questo, si investe indirettamente sull’economia. Occorre, però, oltre che reperire risorse economiche, chiarire le strategie operative più efficaci per ottenere lo scopo. Di questo parleremo nel prossimo appuntamento della rubrica.
Grazie per l’attenzione.
Prof. Beppe Manente
16/12/2012
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