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4° app. con la rubrica ''Il mondo delle piante'' a cura del prof. Chiapperini in collaborazione con il ''Vivaio la Riviera''

4° app. con la rubrica ''Il mondo delle piante'' a cura del prof. Chiapperini in collaborazione con il ''Vivaio la Riviera''


NOME DELLE PIANTE - PARTE 2

Proseguiamo con il tema del nome delle piante. Tutti conosciamo l'ulivo o il rosmarino; si tratta di piante ben note il cui nome è altrettanto comune. Le due cose non sono affatto disgiunte, nel senso che una pianta ha un nome comune, in lingua italiana e quindi uguale per tutti, proprio perchè è molto utilizzata in cucina, in erboristeria o in altri campi. Ma perchè dare un nome comune ad una pianta che non ha un uso pratico consolidato da parecchio tempo? Questo caso si verifica migliaia di volte. Ma se quel vegetale, per vari motivi, entra nell'uso e nella coltivazione, ecco che nasce la necessità di attribuirgli un nome e spuntano termini più o meno fantasiosi, basati generalmente sulla somiglianza con piante più conosciute. Nascono così termini come “Gelsomino del Madagascar” (che con il gelsomino non ha nulla a che fare, ed ha solo una vaga somiglianza con il ben noto e profumato arbusto), “Rosa di Natale” (che, altrettanto sicuramente, non ha nulla a che vedere con la Rosa), ecc. ecc. E fin qui si tratta di nomi, seppure impropri, ma più o meno ufficializzati dai vivai e dai cataloghi di giardinaggio. Poi vi sono i nomi “personalizzati”, ossia attribuiti dai singoli appassionati del verde, utilizzando sempre il metro della somiglianza a piante più note o ad oggetti di uso comune. Spesso questi nomi hanno una diffusione famigliare. Mi è capitato di vedere la stessa pianta chiamata in una famiglia “nastrini”, in altri àmbiti famigliari “lingue”, “capelli in testa”, “fascetti”, “falangio”. In questo modo si crea un inestricabile groviglio di nomi che rende difficile, se non impossibile, l'identificazione di una pianta e la sua ricerca su pubblicazioni specifiche o sui vari siti internet. Eppure il grande naturalista svedese Carlo Linneo quasi tre secoli fa risolse il problema in maniera semplice: ogni pianta deve essere chiamata con un doppio termine (proprio come noi che abbiamo un nome e un cognome) ed ogni specie vegetale non può avere lo stesso “nome e cognome” di un'altra specie diversa. I casi di omonimia, che per gli uomini sono possibili, non possono accadere per le piante. Il punto debole di questa soluzione scelta da Linneo è rappresentato dalla lingua da lui adoperata. Ai sui tempi il latino era la lingua ufficiale della scienza, e perciò i due termini (il nome e il cognome) sono in lingua latina. Al giorno d'oggi ciò crea qualche difficoltà, ma il grande vantaggio che se ne trae (una identificazione univoca, sicura e internazionale) compensa di gran lunga la necessità di abituarsi a termini un po' “strani”. Ecco allora che l'ulivo diventa “Olea europaea”, il rosmarino “Rosmarinus officinalis”, il gelsomino del Madagascar “Stephanotis floribunda”, la rosa di Natale “Helleborus niger”, i fascetti “Chlorophytum comosum”. Spesso è sufficiente solo il primo nome per l'identificazione. Non a caso i libri di giardinaggio di maggiore qualità, anche a livello divulgativo, riportano sempre i nomi delle piante in lingua latina, aggiungendovi semmai i nomi comuni in italiano. Dopo aver ribadito la necessità di abituarci ad annotare il nome della pianta nel momento in cui ne veniamo in possesso, vi ricordo che il tema dei nomi delle piante è molto vasto e lo riprenderemo nelle prossime puntate.


08/01/2013
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