1° app. della rubrica ''L'importanza del saper comunicare e il linguaggio del corpo'' : Introduzione
INTRODUZIONE
“Comunicare” non significa semplicemente “informare”: vuol dire “entrare in relazione”, e dunque scambiare informazioni, messaggi, sensazioni, timori, desideri, con soggetti esterni a noi.
Anche il silenzio, gli sguardi fugaci, oppure penetranti, gli atteggiamenti non verbali o determinate posizioni del volto apparentemente irrazionali, sono aspetti che “parlano” per noi, manifestando il nostro modo di essere, l’universo dei nostri stati d’animo, il buio delle nostre paure. È infatti fin dalle prime ore di vita che iniziamo a comunicare con il mondo che ci circonda: un neonato che piange o sorride agitando le piccole mani, ad esempio, utilizza l’unica forma non linguistica a sua disposizione per attirare l’attenzione della madre; allo stesso modo, crescendo, ci abituiamo a “leggere” il comportamento non verbale di chi ci sta attorno per capire se è sincero o sta mentendo, se dimostra interesse, indifferenza o antipatia nei nostri confronti. Anche alcuni gesti, come giocare con una ciocca di capelli, toccarsi la cravatta o l’orologio, inarcare le sopracciglia o incrociare le braccia davanti a un interlocutore, raccontano di noi attraverso segnali che spesso sono del tutto inconsci.
Tali segnali devono essere comunque decodificati e compresi, per vivere meglio e relazionarci più serenamente con gli altri. Il nostro cervello, infatti, riesce a valutare qualcosa come 60 milioni di informazioni al secondo: registra le luci, i colori, le forme, gli odori, i suoni. Circa il 90% di ciò che viene raccolto rimane a livello subliminale, eppure ci condiziona, agisce su di noi come un “messaggio” non verbale.
In effetti, secondo gli studiosi, la parola influenzerebbe solamente il 7% dell’attenzione di chi ascolta, mentre i messaggi non verbali avrebbero una capacità di condizionamento del 40%.
È quindi molto importante distinguere, oltre alle parole, anche i comportamenti con i quali comunichiamo attraverso il corpo, e non con la voce: per esempio, le posture, la distanza tenuta con l’interlocutore, le smorfie, i movimenti eseguiti con il capo o con le mani mentre parliamo, e così via.
Comunicare in maniera adeguata rende la vita molto più semplice, se non addirittura più godibile e serena. Infatti, imparando a conoscere il valore del linguaggio e l’efficacia del tono di voce, il ritmo della narrazione e il significato del silenzio, l’uso della gestualità e i segreti della comunicazione corporea, diventiamo più consapevoli delle nostre intenzioni e interpretiamo meglio quelle altrui. Senza correre il rischio di venire fraintesi in famiglia, nei rapporti con il partner, gli amici e i dirigenti o i colleghi sul luogo di lavoro.
No dobbiamo, infatti, dimenticare che una parola, un silenzio, uno sbattere di ciglia o una stretta di mano più o meno decisa, hanno il potere di cambiare la vita, la nostra come quella di chi ci è accanto. E nel momento in cui ne prenderemo atto, diventeremo protagonisti di una piccola grande rivoluzione.
Vittorio Caprioglio
17/01/2013
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