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8° appuntamento con la rubrica legale curata dall'avvocato Mariano Caputo: ''Gli effetti del possesso''
Gli effetti del possesso
Gli effetti prodotti dalla situazione "possesso" possono raggrupparsi in tre distinte categorie: i diritti e gli obblighi del possessore di restituire la cosa; gli effetti derivanti dall'acquisto di un bene mobile da un soggetto non legittimato in base ad un titolo idoneo (c. d. regola "possesso vale titolo"); l'acquisto della proprietà a titolo originario per usucapione in virtù del possesso e del decorso del tempo.
Iniziando ad esaminare la prima tipologia di effetti indicati, viene in rilievo la disciplina dei frutti, che differenzia opportunamente, a tale riguardo, la posizione del possessore di buona fede da quella del possessore di malafede. Il primo, infatti, a prescindere dall'origine del suo possesso, acquista la proprietà dei frutti naturali separati dalla cosa-madre e dei frutti civili maturati fino al giorno della proposizione della domanda giudiziale da parte del proprietario, mentre, dopo che è stato posto in essere l'atto introduttivo del processo, risponde verso il proprietario rivendicante dei frutti percepiti e percepibili, da calcolare in relazione alla normale fruttificazione della cosa; il secondo, invece, è tenuto a restituire tutti i frutti fin dall'impossessamento del bene.
Ai sensi dell'art. 1149 c. c., inoltre, il possessore ha sempre diritto al rimborso delle spese da lui sostenute per la produzione e il raccolto della cosa, purchè necessarie. Per quel che concerne, invece, le spese affrontate per i miglioramenti, le addizioni e le riparazioni apportate al bene, occorre compiere alcune distinzioni.
Il denaro versato dal possessore per eseguire le riparazioni ordinarie della cosa, di semplice manutenzione, deve essere rimborsato a tutti i possessori tenuti alla restituzione dei frutti, limitatamente al tempo per il quale la restituzione è dovuta, nonchè, dopo la domanda giudiziale, al possessore di buona fede; le spese sostenute per le riparazioni straordinarie, invece, sono rimborsabili integralmente anche al possessore di mala fede in quanto incidenti sulla struttura stessa del bene.
Quanto pagato dal possessore per arrecare miglioramenti al bene viene rimborsato mediante la corresponsione di un'indennità subordinata alla sussistenza del miglioramento al momento della restituzione e di diverso ammontare, a seconda che il possessore sia di buona o di malafede. Il diritto del possessore di buona fede a ricevere un indennizzo per i miglioramenti arrecati al bene altrui, così come previsto dall'art. 1150 del codice civile, è peraltro strettamente connesso all'aumento attuale ed effettivo che si verifica nel patrimonio del proprietario che agisce per la rivendica del bene. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione (sentenza n. 16012/2002) precisando però che, ove l'opera realizzata sia necessariamente destinata alla demolizione, si deve escludere il diritto del possessore all'indennizzo data la precarietà dell'aumento di valore conseguito dal fondo rivendicato.
Per quanto riguarda, invece, le addizioni della cosa realizzate dal possessore, va detto che questi può essere costretto a rimuovere quelle opere che non siano migliorative; nessun rimborso è ovviamente previsto per le spese voluttuarie.
I menzionati diritti di credito vantati dai possessori di buona fede sono assistiti da un eccezionale strumento di autotutela, quale il diritto di ritenzione della cosa a fronte dell'inadempimento del proprietario rivendicante; fino alla regolare esecuzione dell'obbligo di quest'ultimo di versare le indennità dovute, il possessore dovrà pertanto custodire e gestire il bene in via ordinaria.
La summenzionata regola "possesso vale titolo", denominata anche usucapione speciale, è sancita dall'art. 1153 c. c., il quale prevede che chi acquista in buona fede beni mobili "a non domino" in base ad un titolo di per sè idoneo al trasferimento, acquista la proprietà o altro diritto reale sul bene. Il nostro legislatore ha inteso così tutelare la circolazione dei beni mobili, delineando una fattispecie complesssa di acquisto a titolo originario.
A questo punto pare opportuno precisare ulteriormente i presupposti richiesti: la buona fede, da intendere qui come la convinzione specifica di aver acquistato il diritto, deve sussistere al momento della traditio, ossia della consegna materiale e effettiva della cosa; il bene può provenire esclusivamente "a non domino", non anche da chi risulti suo effettivo proprietario o da un falso rappresentante; ancora, l'idoneità del titolo va valutata in astratto, nel senso che il titolo, atto ad efficacia reale, deve risultare privo di vizi ulteriori rispetto al difetto di legittimazione di chi ha disposto del bene.
L'usucapione è un modo di acquisto a titolo originario di diritti reali di godimento, fatta eccezione per le servitù non apparenti, fondato su un possesso continuo, ininterrotto, pacifico e pubblico della cosa, unito al decorso del tempo stabilito dalla legge. La realizzazione della fattispecie complessa dell'usucapione produce l'estinzione dei diritti reali altrui esistenti sul medesimo bene, ma qual è il suo fondamento? Attraverso la previsione dell'usucapione l'ordinamento ha inteso eliminare l'incertezza del contrasto tra stato di fatto e stato di diritto, sanzionando in qualche modo chi si disinteressa all'esercizio del proprio diritto e privilegiando, invece, chi in realtà assuma una condotta attiva nei confronti della cosa.
Al fine di individuare quale diritto venga acquistato per usucapione è ovviamente necessario rifarsi alle modalità di esercizio, all'immagine del possesso; una mera detenzione, infatti, non è assolutamente rilevante. A tale riguardo, peraltro, vanno chiariti i caratteri del possesso che consentono di usucapire il diritto reale di volta in volta esercitato. Innanzitutto occorre esercitare in maniera costante e uniforme i poteri sulla cosa (requisito della continuità); il possesso non deve mai essere interrotto per un periodo superiore all'anno; il possesso acquistato in modo violento o clandestino non giova per l'usucapione se non da quando la violenza o la clandestinità sono cessate per il venir meno della violenza fisica o morale o per l'esteriorizzazione del possesso (pacifico e pubblico).
Sotto il profilo del tempo occorrente per l'integrazione della fattispecie in oggetto, il legislatore distingue tra usucapione ordinaria e speciale, che si caratterizza per la previsione di termini abbreviati e del concorso di altri requisiti, affini a quelli indicati in materia di regola "possesso vale titolo".
In linea generale l'usucapione necessita di un periodo di venti anni per il possesso avente ad oggetto beni immobili, universalità di mobili e mobili acquistati in malafede; di dieci anni quando il possesso riguarda beni mobili registrati e beni mobili acquistati in buona fede. In via eccezionale, l'usucapione agraria di fondi rustici siti in Comuni montani si verifica quando il possesso, oltre a presentare i suddetti requisiti, perdura per quindici anni (art. 1159bis c. c.)
L'usucapione speciale viene integrata dalla sussistenza dei presupposti di cui all'art. 1153 c. c. e dal decorso di termini abbreviati (10 anni per immobili e universalità di mobili, 5 anni per l'usucapione agraria e 3 anni per i beni mobili registrati). 
L'usucapione viene interrotta a seguito della proposizione di una domanda giudiziale volta a rivendicare il diritto sulla cosa ovvero del riconoscimento del diritto stesso da parte del possessore.
Grazie per l'attenzione e arrivederci alla prossima puntata.
20/01/2013
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